GSE ottiene conferma del ricalcolo incentivi per l'impianto idroelettrico Enel
Pubblicato il: 7/22/2025
L’avvocato Marcello Clarich ha assistito Enel Produzione s.p.a. Gli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Vagnucci e Antonio Pugliese hanno rappresentato Gestore Servizi Energetici - GSE s.p.a.
Il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, con sentenza n. 5971/2025, ha deciso la controversia RG n. 7708/2024 tra Enel Produzione s.p.a., appellante, e Gestore Servizi Energetici - GSE s.p.a., resistente.
Il giudizio si riferisce alla riforma della sentenza del TAR Lazio, Sezione Terza Stralcio, n. 12557/2024, con la quale era stata già respinta l'impugnazione di Enel avverso il provvedimento del GSE del 19 febbraio 2019, relativo alla rideterminazione degli incentivi spettanti a un impianto idroelettrico sito a Crodo (VB).
La vicenda trae origine dall’assegnazione della qualifica IAFR all’impianto Enel nel 2007 a seguito di un parziale rifacimento e dalla successiva fruizione degli incentivi, dapprima come certificati verdi, poi come tariffa incentivante dal 2016. Nel 2018 il GSE avviava un accertamento per verificare parametri tecnici dichiarati in origine dall’azienda, in particolare la potenza nominale delle turbine ante rifacimento, ai fini del corretto calcolo degli importi incentivanti. Il punto di attrito nasceva dalla discrepanza tra i valori riportati da Enel e quelli risultanti da vecchia documentazione tecnica e dalle attestazioni dell’Ufficio Tecnico Imposte di Fabbricazione (UTIF), oggetto di approfondita analisi tecnico-amministrativa. Dopo la sospensione per la richiesta di documentazione integrativa, il GSE rideterminava gli incentivi secondo i dati ritenuti documentalmente più attendibili, e preannunciava il recupero delle somme già erogate in eccesso. Enel Produzione presentava ricorso dinanzi al TAR Lazio, eccependo difetto di istruttoria, errori sui presupposti fattuali e giuridici del provvedimento GSE, nonché la violazione dell’art. 21 nonies l. 241/1990 (autotutela amministrativa).
Il TAR respingeva il ricorso, e Enel proponeva appello al Consiglio di Stato reiterando le doglianze sulla corretta ricostruzione dei dati tecnici, sull’attendibilità delle dichiarazioni a supporto delle proprie posizioni e sulla qualificazione dell’attività del GSE come esercizio del potere di autotutela. Il Consiglio di Stato ha svolto un’analisi dettagliata sui documenti probatori rilevanti, valorizzando la fede privilegiata delle dichiarazioni rese da soggetti titolati ad attestare dati tecnici ai fini del servizio pubblico (come Enel in qualità di ente pubblico all’epoca dei fatti e l’UTIF), rispetto alle ulteriori dichiarazioni unilaterali di soggetti privati quali il produttore delle turbine (Voith). Si è stabilito che, in mancanza di fotografie dei dati di targa delle turbine pre-rifacimento, fa piena prova la documentazione dell’UTIF del 1988, che certificava la potenza nominale a 48,4 MW, elemento decisivo per la rideterminazione degli incentivi. La dichiarazione Voith è stata ritenuta inidonea a scalfire la portata probatoria di quanto certificato in contraddittorio nel verbale UTIF, per la sua genericità e natura unilaterale. In merito all’asserita violazione dell’art. 21 nonies l. 241/1990, il Giudice ha escluso che l’attività del GSE consistesse in una revoca d’ufficio (autotutela), qualificandola invece come esercizio di poteri di verifica e controllo sugli incentivi ai sensi dell’art. 42 d.lgs. 28/2011, attivabili in ogni momento del rapporto incentivante, in assenza di affidamento giuridicamente tutelabile su dati inesatti o non veritieri.
Il Consiglio di Stato ha quindi respinto in toto l’appello di Enel Produzione, confermando la piena legittimità del ricalcolo e della riduzione degli incentivi praticata dal GSE. Di conseguenza, Enel Produzione è stata condannata al pagamento delle spese di lite in favore di GSE, liquidate in 4.000 euro, oltre accessori di legge.

