Prysmian ottiene dalla Cassazione annullamento della tassazione CFC su utili pre-acquisizione
Pubblicato il: 7/15/2025
Gli avvocati Pietro Piccone Ferrarotti e Valeria Mariateresa Gioffré dello studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici hanno assistito Prysmian S.p.A.
La Cassazione civile, sezione V, con sentenza n. 18025/2025 (RG 3200/2024), si è pronunciata sul ricorso promosso da Prysmian S.p.a. contro l’Agenzia delle Entrate in relazione all’applicazione della disciplina CFC ai sensi dell’art. 167 TUIR sull’imputazione degli utili derivanti dalla società controllata estera Draka Cabletek Asia Pacific Holding PTE Ltd, con sede in Singapore. Il caso trae origine da tre avvisi di accertamento aventi ad oggetto, tra l’altro, la contestazione dell’imputazione per trasparenza di redditi prodotti da Draka in epoca antecedente all’acquisizione della partecipazione da parte di Prysmian.
La questione principale verteva sulla tassabilità ex art. 167 TUIR di utili realizzati dalla controllata Draka prima che Prysmian acquisisse la relativa partecipazione. La società italiana, difatti, sosteneva che tali proventi non potessero essere oggetto di tassazione per trasparenza in capo alla controllante, non sussistendo il presupposto di delocalizzazione da impresa italiana verso l’estero né di effettiva partecipazione durante la formazione dei redditi contestati.
Il contenzioso ha attraversato diversi gradi di giudizio. In primo grado, la Commissione tributaria provinciale di Milano aveva accolto i ricorsi Prysmian relativi al transfer pricing ma respinto quello attinente alla disciplina CFC. In appello, dopo un accordo conciliativo sulle questioni di transfer pricing, la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva confermato la legittimità dell’avviso relativo alla CFC, ritenendo irrilevante che gli utili in contestazione fossero stati prodotti prima dell’acquisizione della partecipazione.
L’elemento giuridico decisivo, affrontato dalla Cassazione, ha riguardato l’esatta interpretazione del presupposto temporale previsto dall’art. 167 TUIR. La Suprema Corte ha chiarito che l’imputazione per trasparenza dei redditi della CFC in capo al socio residente impone la verifica della titolarità della partecipazione al momento del conseguimento degli utili dalla società estera. Solo i redditi prodotti successivamente all’ingresso del socio italiano nella compagine possono essere soggetti alla disciplina CFC. La decisione si fonda sulla ratio antielusiva della norma, che è quella di contrastare la delocalizzazione dei redditi di fonte domestica e non l’attrazione in Italia di redditi formatisi all’estero precedentemente all’ingresso nella partecipazione.
Sulla base di tali principi, la Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso di Prysmian, assorbendo le ulteriori doglianze. La sentenza impugnata è stata cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame secondo i principi affermati. Economicamente, la decisione apre alla possibilità per Prysmian di vedersi annullare l’imposizione sugli utili esteri formatisi prima della sua partecipazione, con effetti potenzialmente rilevanti anche in termini di restituzione delle somme eventualmente versate e di consolidamento dell’orientamento in tema di corretta applicazione della disciplina CFC.