Marmi Scancella si vede ridotta la sanzione ambientale sulle cave di Orosei
Pubblicato il: 7/29/2025
Gli avvocati Daniela Piras e Sergio Segneri hanno assistito Marmi Scancella S.r.l.; gli avvocati Mattia Pani e Floriana Isola hanno rappresentato la Regione Autonoma della Sardegna.
Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, con sentenza n. 6138/2025 (ricorso n. 8679/2023), ha accolto parzialmente l’appello proposto da Marmi Scancella S.r.l. contro Regione Autonoma della Sardegna, Ministero della Cultura e Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Province di Sassari e Nuoro. La controversia ha riguardato la determinazione n. 9 del 23 aprile 2016, con cui l’Unione dei Comuni Valle del Cedrino — come struttura delegata all’esercizio delle funzioni paesaggistiche — aveva riconosciuto la compatibilità paesaggistica delle opere realizzate nell’attività di coltivazione della cava di Orosei, località Oroe, infliggendo però alla società una sanzione amministrativa di € 463.100,25 per assenza di preventiva autorizzazione paesaggistica.
La vicenda trae origine dall’attività estrattiva che Marmi Scancella S.r.l. esercita da decenni nel sito di Orosei, soggetto a vincolo paesaggistico dal 1968. L’autorizzazione provvisoria rilasciata nel 1993 non era poi stata seguita dal rilascio di un’autorizzazione paesaggistica definitiva, sebbene nel tempo si fossero susseguite varie procedure amministrative: presentazione di richieste di verifica ambientale, piani di recupero, pareri favorevoli su progetti di recupero, fino alla procedura condotta dall’Unione dei Comuni della Valle del Cedrino che, pur riconoscendo la compatibilità paesaggistica nel 2016, aveva sanzionato l’attività svolta senza il prescritto titolo paesaggistico.
Dopo il respingimento del ricorso principale e dei motivi aggiunti davanti al TAR Sardegna con sentenza n. 168/2023, l’azienda aveva adito il Consiglio di Stato sollevando plurimi motivi: errori procedurali, errata valutazione del quadro normativo (in particolare sugli atti amministrativi "equipollenti" all’autorizzazione paesaggistica), prescrizione della sanzione, errata determinazione dell’importo in base al profitto dell’attività, presunta insussistenza del vincolo paesaggistico sull’area e difetto di motivazione della sentenza gravata.
Il Consiglio di Stato, richiamando i propri precedenti su fattispecie analoghe, ha chiarito che i diversi atti amministrativi (piani di recupero, pareri ambientali, provvedimenti autorizzativi relativi all’attività estrattiva) non possono sostituire la specifica autorizzazione paesaggistica, a meno che il legislatore non abbia espressamente escluso l’attività estrattiva dall’obbligo di tale titolo. La decisione di primo grado è stata confermata nella parte in cui ha ritenuto insussistente un’autorizzazione paesaggistica implicita o surrogata e legittima la logica della quantificazione della sanzione. Tuttavia, la Sezione ha ritenuto fondata la doglianza relativa all’applicazione retroattiva della sanzione nella parte in cui, ai sensi della normativa vigente anteriormente al d.lgs. 63/2008, le attività di cava erano espressamente escluse dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica: solo dal 24 aprile 2008 quest’obbligo è stato esteso anche alle cave.
Elemento giuridico centrale della decisione è stato dunque il riconoscimento della successione normativa: per il periodo anteriore al 24 aprile 2008 mancava un obbligo di autorizzazione paesaggistica per le cave, e la sanzione va ricalcolata parametrando il profitto dell’attività esclusivamente al periodo compreso fra l’entrata in vigore della nuova norma e la data di presentazione dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, ossia dal 24 aprile 2008 al 22 febbraio 2011.
In accoglimento parziale dell’appello, il Consiglio di Stato ha dunque annullato la determinazione impugnata limitatamente ai criteri di calcolo della sanzione, ordinando all’amministrazione competente di rideterminare l’importo secondo i parametri sopra indicati. Sono state invece respinte tutte le altre censure formulate da Marmi Scancella S.r.l. Le spese del doppio grado di giudizio sono state integralmente compensate tra le parti.

