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I.F.F. s.à.r.l. si vede rigettare il ricorso in Cassazione sulla cartella fiscale


Pubblicato il: 8/8/2025

Gli avvocati Francesco Giuliani, Giulio Chiarizia e Valentina Guzzanti hanno rappresentato I.F.F. s.à.r.l. (International Fashion Factor) nel contenzioso contro l'Agenzia delle entrate.

Il ricorso iscritto al n. 19345/2024 R.G. vede protagonista I.F.F. s.à.r.l. (International Fashion Factor), rappresentata dai propri legali, impegnata in un giudizio avanti la Corte di Cassazione, contro l’Agenzia delle entrate. Al centro del procedimento la cartella di pagamento n. 08220200002718757000 per imposte dirette, IVA e relative sanzioni riferite agli anni d’imposta 2005 e 2006. Il procedimento trae origine dalla sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado delle Marche n. 137/02/2024, depositata il 14 febbraio 2024.

La vicenda trae origine dalla verifica fiscale a carico di I.F.F., società lussemburghese, e della 22 s.r.l. italiana, da cui emergeva la presenza di una stabile organizzazione di I.F.F. in Italia. A fronte di tale accertamento, venivano emessi avvisi di accertamento consolidatisi con sentenza n. 18642/2018 della Cassazione. Da quel giudizio derivavano imposte e sanzioni per il periodo in contestazione, poi oggetto della cartella impugnata. Nel corso dei diversi gradi di giudizio era stata progressivamente delimitata la pretesa fiscale sia in termini di arco temporale che di calcolo delle sanzioni e dei tributi dovuti.

In primo grado la CTP di Pesaro aveva rigettato il ricorso della contribuente contro la cartella esattoriale. In appello, la Corte di Giustizia tributaria delle Marche accoglieva parzialmente l’appello dell’I.F.F., limitando il periodo e il calcolo delle sanzioni sulla base dei criteri fissati dai precedenti passaggi in Cassazione. Sia la contribuente che l’Agenzia delle entrate ricorrevano poi in Cassazione, con ricorsi principale e incidentale.

All’esame dei motivi, la Corte ha ribadito che le doglianze della contribuente, relative all’effetto dei giudicati penali e civili sulla debenza dei tributi, non potevano essere accolte. In particolare, la riflessione sulla sentenza penale irrevocabile di assoluzione che coinvolgeva I.F.F. per fatti riguardanti anni precedenti il periodo contestato, aveva rilievo solo in relazione agli avvisi impositivi (oggetto di giudicato) e non ai meri atti di riscossione. La Cassazione ha dichiarato inammissibili anche i motivi con cui la società cercava di riaprire il merito su Iva, sanzioni e presunta assenza di contraddittorio preventivo. Altrettanto è accaduto per il ricorso incidentale dell’Agenzia, con i giudici che hanno rilevato la correttezza del criterio decisorio seguito dalla CGT-2 nel determinare la base imponibile e confermato la motivazione resa.

Elemento giuridico centrale è la definitività del giudicato sugli avvisi di accertamento: questo ha precluso qualsiasi ulteriore contestazione sia sul quantum dei tributi che sulle sanzioni, anche a fronte dell’eventuale sopravvenienza di norme più favorevoli. Allo stesso modo, la Cassazione ha ritenuto irrilevante il difetto di contraddittorio preventivo e ha confermato la sufficienza motivazionale della cartella impugnata, visto il puntuale richiamo ai precedenti giudizi e provvedimenti.

La decisione della Suprema Corte è stata di rigetto sia del ricorso principale di I.F.F. s.à.r.l. sia di quello incidentale dell’Agenzia delle entrate. Le spese del giudizio di legittimità sono state compensate integralmente tra le parti, per effetto della reciproca soccombenza. Per il ricorrente principale è stato altresì disposto il versamento dell’ulteriore contributo unificato, se dovuto, ai sensi di legge.