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Vittoria parziale di Prelios sulla tutela degli interni in Galleria Vittorio Emanuele II


Pubblicato il: 10/7/2025

L’avvocato Gianluca Gariboldi ha assistito Prelios Società di Gestione del Risparmio S.p.A. - Fondo Immobiliare Primo Re.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7637 del 30 settembre 2025 (n. 4987/2024 RG), ha esaminato il contenzioso tra Prelios Società di Gestione del Risparmio S.p.A. – Fondo Immobiliare Primo Re, proprietaria di un immobile nell’area della Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, e il Ministero della Cultura.

L’oggetto della controversia era il decreto di vincolo culturale imposto ai sensi del D. Lgs. n. 42/2004 sugli immobili situati tra la Galleria Vittorio Emanuele II, Portici Settentrionali, e le vie adiacenti. Il fondo ricorrente si opponeva, in particolare, all’estensione del vincolo anche agli interni del proprio edificio.

La vicenda trae origine dal decreto di vincolo prot. n. 6598 dell’11 ottobre 2022, con cui era stata dichiarata l’importanza culturale del complesso immobiliare secondo gli articoli 10, 12 e 13 del Codice dei beni culturali. Prelios aveva eccepito che il proprio immobile non era riconducibile al progetto originario di Giuseppe Mengoni e che, pur essendo stato ricostruito dopo la seconda guerra mondiale e oggetto di numerosi interventi, non avrebbe dovuto essere soggetto a un vincolo tanto incisivo, soprattutto sugli interni ormai privi di pregio.

Nel ricorso iniziale Prelios aveva inoltre contestato la genericità della motivazione amministrativa e la mancanza di una specifica istruttoria sugli elementi storici o artistici dell’edificio, lamentando una compressione sproporzionata del diritto di proprietà.

Il TAR Lombardia, con sentenza n. 3003/2023, aveva respinto il ricorso, ritenendo legittimo il vincolo apposto in quanto il valore storico-artistico era attribuito all’intero compendio immobiliare, in modo unitario. Prelios ha quindi proposto appello insistendo sull’irrilevanza della posizione del proprio immobile rispetto alla Galleria e sui vizi procedimentali che, a suo avviso, inficiavano il provvedimento. Il Consiglio di Stato, ripercorrendo i motivi d’appello, ha riconosciuto la discrezionalità e il ragionevole esercizio del potere amministrativo nell’imporre un vincolo sull’intero complesso immobiliare, considerato unitaria espressione dell’organizzazione urbana post-unitaria milanese, il cosiddetto “salotto di Milano”.

La sentenza approfondisce le motivazioni amministrative fondate sulla concezione organica del progetto e sulla continuità architettonica delle aree attorno alla piazza del Duomo. Secondo il Collegio, la conformità dei fabbricati privati con lo stile del compendio giustifica la tutela dell’intero complesso, a prescindere dalle destrutturazioni subite dagli interni nei decenni. L’elemento decisivo su cui si è fondata la decisione favorevole all’appellante riguarda però l’estensione del vincolo alle parti interne dell’edificio.

Il Consiglio di Stato osserva che la relazione storico-artistica allegata al decreto non ha fornito motivazioni specifiche e concrete per giustificare la tutela interna: la valorizzazione amministrativa si è rivolta infatti solo agli aspetti esterni e contestuali del complesso. In assenza di elementi che qualificassero le parti interne come meritevoli di particolare protezione, per il Collegio non è ragionevole la compressione dei diritti del proprietario su spazi che, nel tempo, hanno perso ogni rilevanza artistico-architettonica a causa delle radicali trasformazioni d’uso.

La sentenza accoglie quindi l’appello in parte, riformando la decisione del TAR solo per quanto riguarda l’inclusione degli interni dell’immobile nel vincolo monumentale. Il provvedimento amministrativo è annullato in tale specifica parte, mentre viene confermato per quanto attiene all’estensione esterna. In ragione della complessità della vicenda, le spese processuali sono integralmente compensate tra le parti. L’effetto immediato della sentenza è la liberazione delle parti interne dell’edificio di Prelios dal vincolo culturale, consentendo così alla società una maggiore libertà gestionale e funzionale sugli spazi interni, senza limitare però le prerogative pubbliche di tutela sulle facciate e sugli elementi di contesto del complesso urbano.