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La Cassazione accoglie il ricorso di Ilva su accise dei gas siderurgici


Pubblicato il: 10/7/2025

L’avvocato Marco Allena ha assistito Ilva S.p.A. in Amministrazione Straordinaria nel contenzioso contro l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La vicenda ha origine dal ricorso di Ilva S.p.A. in Amministrazione Straordinaria, difesa dall’avvocato Marco Allena, contro un avviso di pagamento notificato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) per gli anni d’imposta dal 2012 al 2015 (Corte di Cassazione, Sez. 5, Sent. n. 26439/2025, R.G. 13809/2024). Oggetto del contendere è l’assoggettabilità all’accisa dei cosiddetti gas siderurgici (gas AFO, gas COKE e gas LDG), sottoposti a tassazione poiché prodotti ed impiegati negli impianti dello stabilimento di Taranto sia per la produzione di energia elettrica sia nelle funzioni metallurgiche del ciclo produttivo.

L’ADM aveva classificato detti gas con il codice NC 2705, sostenendo l’imposizione dell’accisa sulle quantità impiegate nelle centrali elettriche, gestite dalla controllata Taranto Energia S.r.l. Superata la fase di valutazione tecnica, con particolare attenzione alle caratteristiche chimico-fisiche dei gas in esame, la controversia si era incentrata sulla corretta determinazione della base imponibile: l’ADM ha applicato l’aliquota prevista per il gas naturale in base al volume utilizzato, mentre Ilva sosteneva la necessità di commisurare l’imposta al potere calorifico inferiore dei gas siderurgici, ricorrendo a parametri differenti.

In primo grado la Commissione tributaria provinciale di Taranto aveva parzialmente accolto le ragioni di Ilva, riconoscendo la necessità di rideterminare l’imposta sulla base del potere calorifico, mentre la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, con sentenza n. 2/28/2023, aveva accolto l’appello dell’ADM, confermando la tassazione secondo i criteri dell’Agenzia e rigettando l’appello incidentale della società contribuente. Quest’ultima ha quindi proposto ricorso per cassazione, articolato su otto motivi, tra i quali la mancata adeguata motivazione sulle censure proposte, l’errata classificazione doganale, la violazione dei principi unionali e una serie di questioni in relazione a esenzioni, aliquote e qualifiche produttive.

La Cassazione ha esaminato le doglianze, rigettando i motivi relativi alla qualificazione doganale dei gas siderurgici come prodotti da assoggettare ad accisa, ritenendo corretta la classificazione al codice NC 2705 per l’impiego e la destinazione dei prodotti, a prescindere dalle specifiche differenze chimico-fisiche contestate da Ilva. Ha inoltre confermato la rigidità del sistema di aliquote fisse in base ai volumi utilizzati, senza possibilità di commisurazione al potere calorifico specifico dei gas impiegati, e ha escluso l’applicazione dell’aliquota zero prevista da norme invocate dalla società.

Decisiva, per il giudizio di legittimità, è risultata la considerazione circa la mancanza di una motivazione adeguata nella sentenza di appello sulle ulteriori questioni dedotte da Ilva in via subordinata, tra cui la qualifica di auto-produttore, le riduzioni di aliquota per grandi consumi industriali e l’esenzione dall’accisa per l’utilizzo dei gas all’interno dello stabilimento. La Suprema Corte ha infatti rilevato che la motivazione della CtG pugliese era meramente apparente su questi punti, non consentendo di ricostruire il ragionamento seguito, con un vizio che non può essere sanato in via congetturale dall’interprete.

La Cassazione ha quindi accolto il quarto, sesto, settimo e ottavo motivo del ricorso di Ilva, cassando la sentenza impugnata relativamente a tali profili e rinviando la causa, per un nuovo esame sulle questioni non esaustivamente motivate, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.