Roma Capitale vince sulla revisione dei prezzi sugli appalti di ristorazione presso case di riposo e cura
Pubblicato il: 11/18/2025
Gli avvocati Michele Perrone e Paola Cruciano hanno assistito Vivenda s.p.a.; l’avv. Rita Caldarozzi ha rappresentato Roma Capitale.
Il Consiglio di Stato, Sezione Terza, si è pronunciato sulla controversia tra Vivenda s.p.a. e Roma Capitale riguardante il diritto alla revisione prezzi di un contratto di appalto per il servizio di ristorazione in case di riposo e comunità alloggio per anziani. Il giudizio, rubricato al n. 1005/2024, trae origine da un ricorso proposto da Vivenda s.p.a. avverso il diniego della revisione prezzi da parte di Roma Capitale, relativamente al periodo marzo 2002 – marzo 2008 del rapporto contrattuale iniziato nel 2000.
Al centro del contenzioso la richiesta di Vivenda di ottenere la revisione dei corrispettivi ai sensi delle normative di settore (art. 6 legge n. 537/1993 e art. 115 d.lgs. n. 163/2006), per il periodo in contestazione.
Nell’atto introduttivo Vivenda aveva rimarcato che, sebbene il contratto non contemplasse esplicitamente la clausola revisionale, la legge imponeva l’obbligo di adeguamento dei prezzi anche tramite eterointegrazione del contratto. Rilevava, inoltre, un comportamento contraddittorio di Roma Capitale che aveva riconosciuto la revisione per periodi precedenti e successivi, ma non per quello oggetto della domanda.
Di contro, l’amministrazione sosteneva l’intervenuta definitività del diniego (nota del 2 agosto 2010) non tempestivamente impugnata e, nel merito, eccepiva la prescrizione.
Il TAR Lazio, con sentenza n. 9532/2023, aveva dichiarato il ricorso inammissibile per mancata impugnazione, nei termini, del provvedimento di diniego della revisione prezzi. La motivazione muoveva dall’orientamento secondo cui, ove la revisione derivi direttamente dalla legge e non da una clausola contrattuale, la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo e, come tale, va tutelata attraverso tempestiva impugnazione dell’eventuale diniego amministrativo. Vivenda aveva proposto appello, sostenendo che l’atto di rifiuto del Comune avesse natura paritetica e non provvedimentale, proprio perché avente ad oggetto una clausola legale e non uno specifico potere dell’Amministrazione.
Il Consiglio di Stato ha accolto la ricostruzione del TAR, confermata dalla giurisprudenza consolidata e dall’Adunanza plenaria, per cui il procedimento di revisione prezzi nei contratti pubblici rientra nella sfera dei poteri autoritativi tecnico-discrezionali dell’amministrazione e, quanto all’an debeatur della revisione, la posizione del privato è interesse legittimo. Ne consegue che qualsiasi diniego espresso o tacito va impugnato nei termini di legge, indipendentemente dalle motivazioni poste a base dell’atto. È stato, dunque, chiarito che la mancata istruttoria amministrativa non muta la natura autoritativa dell’atto e non giustifica l’assenza di impugnazione da parte della società interessata.
La decisione definitiva ha portato al rigetto dell’appello di Vivenda s.p.a., confermando la declaratoria di inammissibilità del ricorso già resa dal TAR. Dal pronunciamento deriva la cristallizzazione degli effetti del diniego del 2010, con la conseguenza che Vivenda non potrà ottenere alcun riconoscimento economico per il periodo richiesto. Le spese di lite sono state compensate in ragione della particolarità della controversia.

