Città Metropolitana di Genova vince sui limiti alle emissioni dell’impianto tridenerativo dell’Acquario
Pubblicato il: 11/19/2025
L’avvocato Roberto Damonte ha assistito Costa Edutainment S.p.A.; gli avvocati Valentina Manzone, Carlo Scaglia e Lorenza Olmi hanno rappresentato la Città Metropolitana di Genova.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8756/2025 (ricorso n. 8866/2023), si è pronunciato sul complesso contenzioso tra Costa Edutainment S.p.A., società gestrice dell’Acquario di Genova, e la Città Metropolitana di Genova in materia di limiti alle emissioni ambientali dell’impianto di trigenerazione installato presso la celebre struttura. Non si sono costituiti in giudizio Comune di Genova e Azienda Sociosanitaria Ligure n. 3.
La società aveva ottenuto nel 2015 una prima autorizzazione unica ambientale per le attività dell’Acquario, successivamente modificata a seguito della realizzazione di un impianto di trigenerazione a gas.
Nel 2018, a seguito della predetta modifica, la Città Metropolitana qualificava l’impianto come "medio impianto di combustione nuovo", applicando immediatamente i limiti più restrittivi per le emissioni in atmosfera secondo la recente normativa. Costa Edutainment contestava tale impostazione, sostenendo invece che l’impianto avrebbe dovuto essere qualificato come "esistente" e sottoposto a limiti meno severi, anche rilevando la presenza di un certificato prevenzione incendi del 2015 relativo a una precedente configurazione impiantistica.
Nel corso degli anni, la vicenda ha generato una serie di provvedimenti amministrativi con dinieghi e richieste di riesame, oltre a più ricorsi e atti per motivi aggiunti dinanzi al TAR Liguria. Il giudizio di primo grado si concludeva, con la sentenza n. 422/2023, dichiarando l’improcedibilità e l’irricevibilità di parte delle domande, e respingendo nel merito gli ulteriori motivi.
Costa Edutainment ha quindi proposto appello, lamentando la violazione delle norme sulle autorizzazioni e sulla motivazione degli atti amministrativi, deducendo soprattutto che il complesso normativo emergenziale per il Covid avrebbe inciso sulla tempestività delle sue impugnazioni.
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello solo relativamente alla questione della tempestività dei "secondi motivi aggiunti", riconoscendo che la sospensione dei termini processuali derivante dalla disciplina pandemica consentiva la ritualità dell’impugnazione. Tuttavia, entrando nel merito, l’appello della società è stato respinto. La Sezione ha evidenziato che l’impianto realizzato nel 2018 non aveva le caratteristiche per essere qualificato come "esistente" ai sensi della normativa ambientale, poiché la richiesta di autorizzazione era stata presentata dopo l’entrata in vigore del nuovo regime restrittivo; il certificato prevenzione incendi del 2015 riguardava una diversa configurazione (cogenerazione, non trigenerazione) e non era sufficiente a modificare l’inquadramento amministrativo dell’impianto ai fini dei limiti di emissione.
Sul piano giuridico, il Consiglio di Stato ha fatto leva sui principi di irretroattività e di "tempus regit actum": la normativa più restrittiva si applica alla nuova configurazione dell’impianto per cui è stata chiesta l’autorizzazione nel 2018. Non trova applicazione la disciplina sulle tempistiche di adeguamento prevista per i medi impianti "esistenti". La domanda di Costa Edutainment di poter godere di limiti più favorevoli fino al 2030 trova quindi puntuale smentita. La sentenza conferma quindi la legittimità dell’operato della Città Metropolitana di Genova anche sotto il profilo motivazionale e procedimentale: non si richiedeva, infatti, obbligatoriamente il parere ministeriale invocato dalla società e, comunque, l’assenza dello stesso non vizia la validità degli atti amministrativi.
Economicamente e giuridicamente, la decisione stabilisce che per l’impianto di trigenerazione dell’Acquario Genovese dovranno essere rispettati i limiti più stringenti previsti dalla normativa sui medi impianti nuovi, con impatti significativi per quanto riguarda la gestione operativa e i costi di conformità della società. Le spese del doppio grado sono state compensate tra le parti, viste le peculiarità della questione amministrativa.

