Compagnia Energetica Bellunese ottiene dal Consiglio di Stato il riconoscimento dell’uso di scarti dei mobilifici come biomassa
Pubblicato il: 12/4/2025
L’avvocato Giovanni Battista Conte ha assistito Compagnia Energetica Bellunese - C.E.B. S.r.l.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 9238/2025 (ric. n. 7957/2024), ha accolto l’appello di Compagnia Energetica Bellunese - C.E.B. S.r.l., società titolare di un impianto termoelettrico alimentato da biomasse da filiera corta sito a Longarone (Belluno), contro il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Il contenzioso trae origine dalla richiesta della società di vedersi riconoscere l’ammissibilità delle forniture di residui della lavorazione del legno provenienti da imprese come Autotrasporti Grigolin (per il gruppo Homes) e Veneta Cucine S.p.A., ai fini della produzione energetica incentivata da fonti rinnovabili.
I fatti hanno inizio nel 2019, quando il Ministero, a seguito di sopralluoghi (10.6.2019 e 9.10.2020), ha dichiarato non ammissibili come biomassa gli scarti di legno forniti dalle suddette aziende in quanto ritenuti residui della lavorazione industriale di mobilifici, tracciati come rifiuti e non come biomassa legnosa vergine secondo la disciplina vigente. Analogo esito è stato confermato da un ulteriore sopralluogo nel 2022, incentrato sulla tracciabilità delle biomasse per l’anno 2020, e un'istanza di riesame della società non aveva modificato l’orientamento ministeriale.
C.E.B. ha quindi adito il TAR Lazio, sostenendo che la norma includerebbe nella definizione di biomassa anche gli scarti prodotti dall’industria dei mobili, derivando da legno non trattato chimicamente e connesso alla silvicoltura. La società ha contestato l’esclusione di tali residui, affermando che sarebbero materiali biodegradabili come previsto dalla disciplina di settore.
Il TAR Lazio aveva respinto il ricorso (sentenza n. 16097/2024), ritenendo che la valutazione del Ministero fosse espressione di discrezionalità tecnica non censurabile in sede amministrativa, salvo il vizio di manifesta irrazionalità, mentre gli scarti industriali di mobilifici, potenzialmente contenenti residui di sostanze contaminanti, sarebbero estranei alla definizione di biomassa incentivabile.
Nel giudizio di secondo grado, il Consiglio di Stato ha invece evidenziato che la normativa (D.M. 2.3.2010 e d.lgs. 152/2006) ha un’ampia accezione della biomassa ammissibile, riferendosi alla parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti anche dalle industrie connesse alla silvicoltura, categoria nella quale rientrano anche i mobilifici. Il Collegio ha precisato che il Ministero non ha fornito idonee motivazioni di carattere tecnico o scientifico per escludere tali residui, né la lettera della legge impone limitazioni specifiche di tale natura.
Sulla base di tale interpretazione normativa, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, riformando la decisione di primo grado e accertando l’ammissibilità del materiale biodegradabile fornito da industrie connesse alla silvicoltura, come i mobilifici, ai fini della produzione incentivata di energia da fonti rinnovabili, laddove i rifiuti di legno rispettino i requisiti di cui all’art. 237-ter del d.lgs. 152/2006 e relativi allegati. Nessuna condanna alle spese, vista la complessità della questione.

